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Green pass nei luoghi di lavoro: obblighi, privacy e gestione delle criticità

IN QUESTO ARTICOLO:

Se il possesso del green pass certifica una condizione di assenza di rischio di contagio, cosa vieterebbe alle Aziende e ai Datori di Lavoro di richiedere la prestazione lavorativa in presenza a tutti i lavoratori solo se in possesso del green pass? Per rispondere a questa domanda occorre riflettere su regole giuslavoristiche e sul tema privacy.

Green pass e lavoro: le richieste dei Datori di Lavoro

ll Decreto Legge n. 105/2021 ha introdotto – dal 6 agosto 2021 – l’obbligo di esibire la Certificazione Verde per accedere a un serie di servizi e fruire di alcune attività, e in virtù di questo, in molti hanno iniziato a interrogarsi sui possibili utilizzi del green pass, ulteriori rispetto alle finalità attualmente previste dalla legge.

Infatti, come proposto da alcuni rappresentanti di Confindustria, ci si è interrogati sull’introduzione dell’obbligo di presentazione della certificazione anche al fine di accedere al luogo di lavoro.

Più di un imprenditore, infatti, ha intravisto nel green pass uno strumento (aggiuntivo o alternativo a quanto oggi previsto dai protocolli di sicurezza) per disciplinare l’accesso dei lavoratori in azienda.

Infatti, se il possesso green pass certifica una condizione di assenza di rischio di contagio tale da consentire la partecipazione a eventi collettivi quali manifestazioni sportive, concerti etc., e anche il contatto con persone fragili come i pazienti ricoverati nelle RSA, cosa vieterebbe all’impresa di richiedere la prestazione lavorativa in presenza a tutti i lavoratori in possesso del green pass?

Rispondere a questa domanda significa aprire almeno due temi: uno relativo alla compatibilità del green pass con le regole giuslavoristiche e del Testo Unico sulla Sicurezza e l’altra relativa alla privacy dei dipendenti.

Green pass sul lavoro e privacy

Il punto non è stato ancora oggetto di un intervento del Garante della Privacy, proprio perché a oggi non si prevede che il green pass trovi un suo utilizzo nell’ambito del rapporto di lavoro; occorre quindi ragionare intorno ai principi dell’ordinamento.

Al riguardo c’è da osservare che, per quanto il quadro normativo vieti al datore di lavoro di condurre indagini circa lo stato di salute del dipendente, è pur vero che l’emergenza sanitaria in atto ha scosso le fondamenta di questo principio facendo sì che il datore di lavoro, con riferimento al Covid-19, si possa lecitamente trovare a conoscenza di dati sanitari quali l’avvenuto contagio e/o guarigione dei propri dipendenti.

Allo stesso modo, la possibilità di vaccinare i dipendenti in azienda rende di fatto accessibile al datore di lavoro il dato sanitario circa l’avvenuta vaccinazione.

Ricordiamo però che non esiste un obbligo automatico di esibizione del Green pass per accedere nei luoghi di lavoro. I dati inerenti alla vaccinazione, infatti, devono essere trattati solo tramite il medico competente nei limiti e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il trattamento di qualsiasi dato personale inerente alla salute dei dipendenti, come il Green pass sui luoghi di lavoro, infatti, è consentito esclusivamente tramite il medico competente il quale, solo per comprovate esigenze, potrà dichiarare inidoneo il lavoratore non vaccinato alle mansioni svolte.

Green pass e Normativa

L’articolo 2087 del codice civile, in lettura combinata con le norme del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008), garantirebbe al Datore di Lavoro la facoltà di chiedere il green pass obbligatorio per entrare in azienda (se vi è presenza di rischio di natura biologica, riteniamo).

Se infatti ne va della sicurezza dei lavoratori, e il vaccino viene considerato come misura per garantirla, allora il datore di lavoro, per il tramite del Medico Competente che collabora nella Valutazione del Rischio ed elabora il Piano Sanitario, può esigere il green pass.

Green pass obbligatorio in azienda: chi non si vaccina rischia lo stipendio

Se il green pass diventa obbligatorio in azienda, chi non si vaccina potrebbe perdere lo stipendio. Almeno questo è quello che emerge dalla proposta di Confindustria della scorsa settimana. Una mail interna della direttrice generale di Confindustria Francesca Mariotti inviata ai direttori del sistema industriale rivede il regolamento interno.

Infatti, si legge nella stessa, che “l’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro. In diretta conseguenza di ciò, il datore, ove possibile, potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell’azienda.”

Dunque, in caso di obbligo del green pass se il lavoratore non si vaccina:

  • gli vengono attribuite, per il tramite del giudizio di idoneità rilasciato dal Medico Competente, diverse mansioni con relativa retribuzione (la stessa quindi a ben vedere potrebbe diminuire eventualmente);
  • viene sospeso e con esso lo stipendio.

Dello stesso avviso d’altronde è l’ordinanza del Tribunale di Modena che ha rigettato il ricorso di due fisioterapiste sospese da una Rsa perché si sono rifiutate di fare il vaccino.

La sentenza del Tribunale

Il tribunale di Modena ha stabilito (con la sentenza n. 2467/2021 del 23.07.2021) che l’azienda può sospendere dal servizio e dalla retribuzione chi non vuole vaccinarsi contro il Covid.

Nello specifico, il giudice scrive che “il datore di lavoro si pone come garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali e ha quindi l’obbligo ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori”.

A supporto di questa decisione, il tribunale cita nella sentenza la direttiva europea che, nel giugno 2020, ha incluso il Covid tra gli agenti biologici contro i quali è necessario tutelare gli ambienti di lavoro: la mascherina può non bastare come misura di protezione.

Sempre il tribunale di Modena puntualizza che il rifiuto del vaccino anti-Covid non può comportare sanzioni disciplinari, ma può avere delle conseguenze per quanto riguarda la valutazione oggettiva dell’idoneità (che deve essere rilasciata dal Medico Competente) alla mansione del dipendente.

Ad esempio, chi è a stretto contatto con il pubblico può quindi anche essere sospeso dal lavoro e dalla retribuzione in caso di mancata vaccinazione. La strada intrapresa sembra quella di non imporre in modo esplicito l’obbligo della vaccinazione, ma introdurlo con misure che penalizzano di fatto chi non si è sottoposto all’iniezione.

Green pass obbligatorio nelle mense aziendali?

Sul green pass nelle mense aziendali invece la decisione è stata presa, salvo modifiche. Nel decreto del Governo le mense aziendali vengono infatti equiparate ai ristoranti, e dunque al loro interno vigono le stesse regole in vigore per bar e ristoranti al chiuso con posti a sedere.

Anche su questo il parere della UIL è netto: è “assurdo”, dice il sindacato, “Nelle mense aziendali i protocolli di sicurezza sono già molto rigidi, non è come un ristorante, c’è una turnazione e i lavoratori mangiano da soli”.

Secondo Landini “nessuno” può sostenere che gli uffici o le fabbriche costituiscano oggi potenziali focolai per la diffusione del virus. “Non deve passare il messaggio sbagliato che i vaccini e il green pass, pur fondamentali, da soli siano sufficienti a sconfiggere il virus. Non è così, purtroppo”.

Ci aspettiamo quindi, nelle prossime settimane, dei chiarimenti da parte delle Autorità, come richiesto anche da Assolombarda nell’ultima settimana.

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