Tra pochi giorni i cittadini italiani sono chiamati a votare su un importante referendum abrogativo in materia di sicurezza sul lavoro. Il quesito riguarda l’articolo 26 del D.Lgs. 81/2008 (il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro) e propone di eliminare una parte cruciale del comma 4, quella che oggi limita la responsabilità solidale del committente in caso di infortuni legati ai rischi specifici dell’attività dell’appaltatore. Questa consultazione popolare, nota come referendum sicurezza sul lavoro 2025, interessa direttamente tutti i datori di lavoro committenti che esternalizzano lavori o servizi e le imprese appaltatrici che subappaltano talune attività. L’esito potrebbe imporre un cambio significativo nell’approccio alla gestione della sicurezza negli appalti: vediamo di cosa si tratta.
Gli infortuni sul lavoro in Italia restano numerosi – ogni anno si contano circa 500.000 denunce di infortunio e quasi 1000 morti sul lavoro (in media 3 lavoratori al giorno perdono la vita). In questo contesto allarmante, il referendum mira a rafforzare le tutele dei lavoratori negli appalti, eliminando norme che attualmente impediscono di estendere la responsabilità all’impresa appaltante in caso di infortunio occorso in regime di appalto. Di seguito analizziamo cosa prevede oggi l’art. 26 del D.Lgs. 81/08, cosa cambierebbe con l’eventuale abrogazione parziale e quali sarebbero le implicazioni operative per le aziende coinvolte.
Per ulteriori informazioni sul referendum, è possibile consultare il sito ufficiale del Ministero dell’Interno
Cosa prevede oggi l’art. 26 del Testo Unico Sicurezza (D.Lgs. 81/08)
L’articolo 26 del D.Lgs. 81/2008 disciplina gli obblighi di sicurezza nella gestione dei contratti di appalto, d’opera o somministrazione. È una norma pensata per tutelare i lavoratori quando un’azienda affida lavori a ditte esterne, evitando che la sicurezza venga trascurata nelle esternalizzazioni. In sintesi, il datore di lavoro committente deve: verificare preliminarmente l’idoneità tecnico-professionale (ITP) dei fornitori (cioè, assicurarsi che l’impresa appaltatrice abbia i requisiti e le capacità per svolgere il lavoro in sicurezza), fornire informazioni sui rischi specifici presenti nel proprio ambiente di lavoro, e cooperare e coordinarsi con l’appaltatore nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione. In pratica, se più aziende operano nello stesso luogo, il committente deve promuovere la cooperazione elaborando, quando necessario, il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze (DUVRI) – che individua e gestisce i rischi da interferenza fra le attività delle diverse imprese coinvolte (obbligo introdotto proprio dall’art. 26). Queste misure garantiscono che ciascun rischio sia valutato e gestito: i rischi specifici dell’attività dell’appaltatore sono generalmente valutati dal medesimo nel proprio Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) aziendale, mentre i rischi dovuti all’interazione tra appaltatore e committente (es. interferenze) sono oggetto di valutazione e coordinamento congiunto (tramite DUVRI e procedure condivise).
Il comma 4 dell’art. 26 affronta un aspetto delicato: la responsabilità civile per danni da infortunio sul lavoro in ambito di appalto. In particolare, esso stabilisce una forma di responsabilità solidale tra il committente e l’appaltatore (e gli eventuali subappaltatori) per i danni subiti da lavoratori dell’appaltatore, limitatamente però a determinati casi. Testualmente, l’art. 26 comma 4 recita che il committente è responsabile in solido con l’appaltatore per tutti i danni subiti dai lavoratori dell’appaltatore o del subappaltatore non indennizzati dall’INAIL o dall’IPSEMA, quindi in pratica per il risarcimento del cosiddetto danno differenziale (il danno eccedente le prestazioni erogate dall’assicurazione infortuni). Tuttavia – ed è questa la parte oggetto di referendum – la norma esclude espressamente la responsabilità solidale del committente per i danni derivanti dai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. In altre parole, oggi il committente non risponde degli infortuni dovuti a rischi tipici dell’attività svolta dall’appaltatore (ad esempio, se un’impresa esterna subisce un infortunio legato a un rischio proprio del suo mestiere, questo è escluso dall’ambito della responsabilità solidale del committente). Questa clausola funge da limite alla responsabilità del committente: la ratio è che ogni azienda resta principalmente responsabile dei rischi specifici del proprio lavoro, mentre il committente risponde “solo” delle mancanze legate alla scelta del fornitore e alla gestione delle interferenze e di eventuali ulteriori danni non coperti da assicurazione.
Vale la pena sottolineare che la responsabilità solidale così configurata non riguarda obblighi retributivi o contributivi (già coperti da altre normative), ma esclusivamente il risarcimento dei danni da infortunio o malattia professionale non coperti dall’INAIL e che sempre più spesso INAIL si costituisca parte civile nei processi a danno della stazione appaltanti, per recuperare (tramite rivalsa) le somme anticipate e ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito a causa dell’infortunio (prestazioni erogate al lavoratore, spese mediche, etc.).
La previsione attuale ha generato negli anni alcune incertezze interpretative sulla natura di tale responsabilità: alcuni giuristi la considerano per colpa (ossia dipendente da una negligenza del committente), altri la interpretano come una forma di responsabilità quasi oggettiva (legata al solo fatto di aver coinvolto l’appaltatore). Questa ambiguità nasce proprio dal confine tracciato sui “rischi specifici” esclusi: stabilire se un dato incidente rientri tra le interferenze gestibili dal committente oppure tra i rischi propri dell’appaltatore può essere complesso e dare adito a contenziosi. Ebbene, il referendum interviene esattamente su questo punto di confine, proponendo di eliminare l’eccezione che oggi tutela il committente nei casi di rischi specifici dell’appaltatore.
Referendum art. 26: cosa cambia con Sì o No (e scenari referendari)
Il quesito referendario depositato (“Referendum art. 26 D.Lgs. 81/08 – Più sicurezza sul lavoro”) chiede agli elettori se vogliono cancellare dalla legge proprio la frase che esclude i rischi specifici dalla responsabilità solidale del committente. Di fatto, non si abroga l’intero art. 26 comma 4, ma solo l’ultimo periodo. Vediamo in concreto cosa significa votare Sì o No:
- Votando SÌ, la parte finale del comma 4 verrebbe abrogata. La responsabilità solidale del committente si applicherebbe senza eccezioni anche ai danni derivanti dai rischi specifici propri dell’attività dell’appaltatore o subappaltatore. In pratica, se passa il “Sì” il committente risponderà civilmente di qualsiasi infortunio dei lavoratori dell’appaltatore, per la quota di danno non coperta dall’INAIL, indipendentemente dalla natura del rischio. Si avrebbe quindi un’estensione significativa delle tutele: il lavoratore infortunato (o i suoi familiari) potrà rivalersi anche sul committente per ottenere il pieno risarcimento del danno (danno differenziale), anche se l’evento è legato a un rischio proprio dell’appaltatore. Dal punto di vista giuridico, verrebbe “riespansa” integralmente la responsabilità solidale del committente, senza più deroghe: questa era la configurazione originaria della norma prima delle modifiche introdotte negli anni. La Corte Costituzionale stessa, nel dichiarare ammissibile il referendum (sentenza n. 15/2025), ha evidenziato che il quesito presenta un’alternativa netta tra «il mantenimento dell’attuale assetto […] contraddistinto da deroghe significative» e «l’integrale riespansione di tale responsabilità, senza alcuna eccezione per i danni prodotti dai rischi tipici delle attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici». Dunque, il “Sì” comporta maggiore chiarezza e ampiezza nella responsabilità del committente, eliminando un’esenzione considerata dai promotori un “privilegio” che limita le tutele dei lavoratori.
- Votando NO, la norma resterebbe invariata. Il comma 4 continuerebbe a prevedere la non responsabilità del committente per i rischi specifici propri dell’appaltatore. In caso di bocciatura del referendum (o di mancato raggiungimento del quorum), dunque, nulla cambierebbe rispetto ad oggi: il committente continuerebbe a essere escluso dalla responsabilità risarcitoria negli infortuni dovuti a rischi tipici dell’attività appaltata, rispondendo solo degli infortuni imputabili a interferenze o ad altre negligenze proprie. Chi propende per il “No” teme che un’estensione indiscriminata della responsabilità possa scoraggiare le imprese dall’affidare lavori in appalto o generare oneri eccessivi a carico dei committenti più diligenti. D’altro canto, lasciando invariata la legge, permane la situazione attuale, con i suoi pregi (specializzazione delle responsabilità per competenza) e i suoi difetti (zone grigie interpretative e possibile scarsa attenzione nella scelta dei fornitori, indotta dal minore rischio di conseguenze civilistiche per il committente).
È importante ricordare che si tratta di un referendum abrogativo. Pertanto, affinché il risultato sia valido, è necessario il raggiungimento del quorum di partecipazione: dovrà votare almeno il 50% + 1 degli aventi diritto, altrimenti la consultazione sarà nulla e la norma resterà in vigore nella sua forma attuale. In caso di quorum raggiunto, la maggioranza dei voti validi deciderà: se prevarranno i Sì, dal giorno successivo all’entrata in vigore del risultato referendario la frase contestata sarà eliminata dal testo di legge; se prevarranno i No, l’art. 26 comma 4 rimarrà immutato. La Corte Costituzionale ha giudicato il quesito conforme ai requisiti di chiarezza e semplicità: gli elettori sono quindi posti di fronte a una scelta chiara tra status quo e cambiamento normativo sulla responsabilità negli appalti.
Implicazioni operative e criticità nella valutazione dei rischi
Al di là degli aspetti giuridici, è fondamentale capire le implicazioni pratiche che l’eventuale abrogazione parziale dell’art. 26 comporterebbe per le aziende. Oggi la distinzione introdotta dal comma 4 riflette, in un certo senso, una realtà operativa: il committente di norma non ha competenze specialistiche sui rischi propri dell’attività dell’appaltatore, mentre l’appaltatore è lo specialista del proprio mestiere e conosce i relativi rischi specifici meglio di chiunque altro. Di conseguenza, il sistema attuale “divide” le responsabilità: il committente si fa carico di garantire condizioni sicure nel contesto in cui l’appaltatore andrà a operare (rischi ambientali, interferenziali, procedure di emergenza condivise, etc.), l’appaltatore dal canto suo è responsabile di gestire in sicurezza i rischi tecnici del proprio lavoro (macchinari, processi, attrezzature specifiche, formazione dei propri addetti, ecc.). Questa ripartizione emerge anche nei documenti di sicurezza: il DUVRI del committente copre i rischi da interferenza tra aziende, mentre il DVR dell’appaltatore valuta i rischi intrinseci delle sue attività.
Eliminando la clausola di esonero, al committente verrebbe richiesto uno sforzo ulteriore: egli dovrà prestare attenzione (e risponderà in solido) anche riguardo ai rischi specifici propri dell’appaltatore. In pratica, pur non potendo entrare nel merito tecnico di ogni lavorazione specializzata, il datore di lavoro committente dovrà accertarsi con ancora maggiore scrupolo di scegliere imprese appaltatrici competenti e affidabili. Già oggi la legge impone la verifica dell’Idoneità Tecnico-Professionale (ITP) dei fornitori – un obbligo cardine prima di stipulare il contratto – ma con l’abrogazione proposta questa verifica assumerebbe un peso ancor più decisivo. Significa che il committente dovrà valutare a fondo l’organizzazione dell’impresa appaltatrice, la sua formazione in tema di sicurezza, le attrezzature e procedure che impiega, eventualmente richiedendo evidenze documentali (es. attestati, piani operativi di sicurezza, certificazioni) e referenze prima di affidare il lavoro. Non basterà più confidare che “ogni ditta sa gestire i propri rischi”: il committente, sapendo di poter essere chiamato a rispondere in sede civile di qualunque incidente, avrà tutto l’interesse a vigilare attivamente sulla sicurezza anche dell’operato altrui. Ciò potrà tradursi in clausole contrattuali più stringenti in materia di sicurezza, in un incremento di audit e sopralluoghi presso i fornitori, nonché in una collaborazione più stretta tra gli RSPP delle diverse aziende coinvolte (il Servizio di Prevenzione e Protezione interno/esterno del committente potrà essere chiamato a interfacciarsi con quello dell’appaltatore per scambiare informazioni e buone pratiche).
Di contro, una criticità da non sottovalutare è la possibile difficoltà pratica per il committente nel valutare rischi che esulano dal proprio campo di esperienza. Ad esempio, un’azienda manifatturiera che appalta lavori di manutenzione elettrica potrebbe non avere internamente tutte le competenze per giudicare l’adeguatezza delle misure di sicurezza di una ditta elettrica (oltre agli aspetti generali di buon senso e rispetto normativo). Il committente potrebbe dover ricorrere a consulenti esterni o formare il proprio staff in modo da poter dialogare da pari con l’appaltatore sui temi di sicurezza specifica. Inoltre, l’estensione della responsabilità solidale non sostituisce né riduce gli obblighi specifici di ciascuna parte; quindi, in caso di incidente continueranno ad essere principalmente valutate le colpe di ogni attore (committente e appaltatore) ai fini penali e amministrativi. Ma sul piano civilistico, il lavoratore saprà di poter agire verso il committente per ottenere il risarcimento completo, e sarà eventualmente il committente a rivalersi poi sull’appaltatore se quest’ultimo ha responsabilità dirette. Questo scenario giuridico aumenterà l’esposizione al rischio economico dei datori di lavoro committenti, che dovranno tutelarsi con tutti gli strumenti a disposizione: scelta rigorosa dei partner, vigilanza durante i lavori, e probabilmente anche polizze assicurative ad hoc per coprire il rischio di rivalse.
Va aggiunto che l’eliminazione della clausola sui rischi specifici semplificherebbe il quadro normativo rendendolo più chiaro: non ci sarebbe più da dibattere se un dato infortunio rientra o meno nell’esonero, perché l’esonero non esisterà più. La Corte Costituzionale nella sua pronuncia ha colto proprio questo aspetto, osservando che l’abrogazione “fugherebbe le incertezze interpretative” sorte sull’attuale disciplina e avrebbe “effetti di indubbia chiarezza” in quanto “riporta la responsabilità solidale all’originaria formulazione” priva di eccezioni. Quindi, dal punto di vista della certezza del diritto, il cambiamento renderebbe più lineare la gestione delle responsabilità negli appalti. Tuttavia, rimane da capire come il mercato reagirà: committenti e appaltatori dovranno probabilmente ridefinire i loro rapporti contrattuali, i costi della sicurezza andranno eventualmente ricalibrati (un appaltatore molto attento alla sicurezza potrebbe diventare più appetibile perché riduce il rischio di esporre il committente a rivalse). In ogni caso, entrambi le parti – se il referendum passerà – dovranno aumentare la consapevolezza reciproca sui rispettivi rischi professionali: la sicurezza sul lavoro diventerà ancor più un obiettivo condiviso, non solo un onere ripartito.
Conclusioni: verso una maggiore responsabilità condivisa
In conclusione, il referendum sicurezza sul lavoro 2025 sul comma 4 dell’art. 26 punta ad estendere la responsabilità del datore di lavoro committente negli appalti, con l’obiettivo dichiarato di migliorare la tutela dei lavoratori e incentivare pratiche più sicure. Indipendentemente dall’esito delle urne, questo dibattito normativo ha già acceso i riflettori sull’importanza di selezionare fornitori qualificati e di monitorarne le condizioni di sicurezza. Già oggi, infatti, chi affida lavori in appalto ha l’obbligo di verificare accuratamente l’ITP del fornitore (idoneità tecnico-professionale) e di pretendere il rispetto di tutte le norme di prevenzione. Se il referendum approverà l’abrogazione, tale obbligo morale e giuridico diventerà ancor più stringente: verificare e pretendere la sicurezza dai propri appaltatori non sarà solo diligenza, ma anche tutela concreta da possibili responsabilità.
È il momento giusto per i datori di lavoro di fare un check-up delle proprie procedure di gestione degli appalti. Assicuratevi sin d’ora che la valutazione dei rischi sia condivisa con i vostri fornitori e che la verifica dell’Idoneità Tecnico-Professionale dei partner sia documentata e rigorosa (può essere utile consultare il nostro articolo Idoneità Tecnico Professionale (ITP): Guida per le Aziende per conoscere tutti gli adempimenti). Coinvolgete il vostro RSPP e i consulenti sicurezza nelle fasi di scelta e coordinamento delle imprese esterne, aggiornate i vostri modelli di DUVRI e le procedure interne affinché includano anche i controlli sui rischi specifici dell’appaltatore. Investire tempo adesso in una qualifica scrupolosa dei fornitori e in un solido rapporto di collaborazione sulla sicurezza vi permetterà di lavorare più serenamente domani, a prescindere dall’evoluzione della norma. In un panorama normativo che sembra andare verso una maggiore responsabilizzazione del committente, farsi trovare preparati è l’unica strategia vincente. La sicurezza sul lavoro negli appalti è un gioco di squadra: scegli partner affidabili, verifica le loro competenze e lavorate insieme per prevenire incidenti. In questo modo non solo proteggerete i lavoratori e vi metterete al riparo da conseguenze legali, ma contribuirete attivamente a diffondere una cultura della sicurezza lungo tutta la filiera produttiva – un obiettivo che dovrebbe stare a cuore a ogni impresa responsabile.
Contattaci se hai bisogno di supporto nell’implementare queste verifiche o per una consulenza su come adeguare le tue procedure di sicurezza: il team di Safetyone Ingegneria è a disposizione per aiutare la tua azienda a navigare verso la conformità normativa e a creare un ambiente di lavoro più sicuro per tutti. La sfida è lanciata: far sì che “più sicurezza sul lavoro” non sia solo uno slogan referendario, ma una realtà quotidiana costruita con impegno congiunto da committenti e appaltatori.